Nile Rodgers fa ballare l’Arena, Umbria Jazz “C’est Chic”. Edizione da record

Scritto da il Luglio 21, 2024

Una sorta di Re Mida della musica che ancora oggi fa luccicare il sound e lo stile degli artisti che incrocia. In due ore di musica Nile Rodgers ha raccontato oltre 40 anni di musica attraverso aneddoti, incontri e progetti che in molti casi hanno cambiato l’assetto delle classifiche internazionali e il destino di molti artisti. Lo ha fatto con la forza della sua chitarra “usurata” ma che, immarscescibile, dal vivo restituisce la magia di uno stile senza tempo che la cornice di Umbria Jazz ha reso unico.

Il secondo sabato sera di questa edizione resterà evidenziato nel film di Uj, capace di replicare l’entusiasmo, gli applausi e lo slancio che il pubblico ha avuto mercoledì sera con i Toto e una settimana fa con Lenny Kravitz. Serate che si incastonano in quel lato contaminato del festival, lontane dal purismo del jazz ma in perfetta sintonia con lo spirito di un cartellone, quello del main stage del Santa Giuliana, aperto e universale. Che poi, per come Nile ha orchestrato le due ore di concerto, quello di ieri è stato un live nel quale nessuna nota è apparsa stonata rispetto a Uj. «Ciò che ascolterete stasera nasce tutto qui, sul palco, non ci sono basi, tracce o campionamenti, ma solo strumenti e musica dal vivo». Lo dice Nile e lo ribadisce l’ingegnere del suono Marco chiamato sul palco a tradurre. «Voglio che quello che dico sia chiaro», ribadisce il chitarrista. Così, la setlist – che parte a tutto gas col trittico Le Freak-Everybody dance-Dance dance dance e I want your love pure – diventa il canovaccio di un’avventura che Rodgers racconta senza mai accentrare l’attenzione su di sé, ma solo sulla musica, sulle canzoni e sugli artisti che ha incrociato.

Si scopre così che venti anni fa a Trieste gli Chic erano stati chiamati come opening act del concerto di un’artista italiana. «Eravamo il gruppo spalla ma dopo un’ora e mezzo della nostra musica, questa cantante (non vi dirò mai il nome) non è più salita sul palco». Il pubblico canta, applaude e interagisce con Nile, con le due straordinarie voci, Kimberly Davis e Audrey Martell, gioca col batterista-rapper Ralph Rolle e col tastierista Russel Graham che si diverte con vocoder e autotune.

«C’è qualcosa che non va, siete tutti seduti». L’invito iniziale di Nile Rodgers ha ben presto trasformato il pubblico dell’Arena che, in piedi, ha potuto apprezzare ancora di più il flusso di musica regalato dagli Chic. Una setlist che nel ledwall è stata accompagnata dalle immagini delle copertine dei singoli e degli album “marchiati” col suono della coppia Rodgers-Edwards e quelli degli artisti che in Nile hanno trovato una ripartenza (Sheila, Diana Ross), lo slancio iniziale (Madonna), il modo di allungare il successo (Duran Duran), la voglia di sperimentare (David Bowie) o la semplice attitudine a innovare (Daft Punk, Beyoncé). «Quando ho incontrato Madonna abbiamo discusso sul primo singolo – racconta Rodgers – che per me doveva essere assolutamente Like a Virgin. Lei voleva Material girl che avevo scelto come titolo dell’album: alla fine lei disse Like a Virgin sarà anche il titolo del disco, ed ebbe ragione».

Un caleidoscopio di “dance leggerissima” – nell’accezione acuta di Colapesce Dimartino – nel quale fiati e tastiere sono un elemento distintivo impreziosito dai riff di basso e chitarra. Diana Ross (I’m coming out e Upside down), Sister Sledge (He’s the greatest dancer, We are family, Lost in music) e Sheila (una spaziale versione di Spacer) hanno trasformato l’Arena in una maxi disco, un po’ Studio 54, un po’ Saturday night fever, ma senza alcuna operazione nostalgia. Notorius dei Duran, Let’s Dance di Bowie, Get lucky dei Daft Punk e Cuff it di Beyoncé hanno fatto il resto preparando il pubblico al rush finale nel quale con Thinking of you (versione Sister Sledge) non è mancato il pensiero per il “fratello” Bernard Edwards (scomparso nel 1996) con cui ha coniato il marchio e il suono Chic, uno slancio ribadito prima di aprire al gran finale. «Siete pronti ad avere good times?». Il singolo del 1979 suona come una grande jam e gli otto minuti dell’album Risquée (proposto anche con le ottime My forbidden lover e My feet keep dancing) sono sembrati un’inerzia rispetto agli oltre dieci minuti nei quali Nile ha improvvisato e interpretato anche Rapper’s delight. Perché con lui e il marchio Chic, molte canzoni hanno vissuto anche due o tre vite: è successo nel 1980 con la Sugarhill Gang, ma in seguito anche con Soup for one (Lady di Mojo) o Spacer che nei primi Duemila è tornata con gli Alcazar e il successo planetario Crying at the discoteque.

Un evento simbolo di questa edizione da record che ha segnato il numero più alto di biglietti staccati, 42mila, e un incasso che con 2,4 milioni lambisce l’importo raggiunto lo scorso anno per il cinquantennale. Ha contribuito a successo in termini di paganti il Teatro Morlacchi, dedicato al jazz più ortodosso, che ha totalizzato oltre 5 mila ingressi, 2mila alla Sala Podiani della Galleria Nazionale dell’Umbria. Anche i numeri del web promuovono questa edizione con circa un milione di contatti digitali e 10 terabyte di materiale multimediale tra video e foto realizzati dal media center Uj.


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